In molti ci chiedete consigli su una buona pizza ai Navigli. Lo confessiamo: dal punto di vista gastronomico, non è la nostra zona preferita di Milano. Però ci siamo armati di stomaco e digestivo e siamo andati in tour.
Le pizzerie visitate:
Biif Burger Ham & Pizza
Via S. Vito, 7 | mappa
Anema e Cozze
Via Casale, 7 | mappa
Quei Due Pizzeria e Cucina
Via Pietro Custodi, 14 | mappa
Donna Sophia dal 1931
Corso di Porta Ticinese, 1 | mappa
Dirty Gym
Piazza Ventiquattro Maggio, 8 | mappa
Il Pomodorino
Alzaia Naviglio Pavese, 6 | mappa
I Capatosta
Alzaia Naviglio Grande, 56 | mappa
Biif Burger Ham & Pizza
Al primo sguardo, la Margherita (qui chiamata Washington, a listino a 7,5€) ordinata da Biif Burger in via San Vito non ci ha lasciato troppo entusiasti. La stesura infatti tende all’ovale più che al tondo perfetto e il pomodoro, non molto abbondante, lascia intravedere qualche bruciatura. All’assaggio, però, questa pizza ha riconquistato punti. L’impasto ha un sapore “rotondo” e completo, si fa mangiare volentieri, anche se pecca per poca struttura
interna e densità eccessiva (senza che la digestione, stranamente, ne venga compromessa). Da un punto di vista della cottura bisogna dire che alcune parti di cornicione erano pericolosamente tendenti al crudo. Ciò che abbiamo
soprattutto apprezzato è stato il fiordilatte: generoso, molto saporito, di certo più gustoso di quello
mediamente usato nelle pizzerie milanesi e tagliato a listarelle piacevolmente dense. Il pomodoro, un po’ troppo dolce, non ci ha fatto impazzire, e l’unica foglia di basilico presente era un po’ triste.
Anema e Cozze (via Casale)
Questo locale non c’entra nulla con l’omonimo di via Orseolo. La Margherita di Anema e Cozze in via Casale non sembra un granché, a guardarla. La cottura è timida e l’impasto è un po’ panoso. Al primo morso, ci arrendiamo al cornicione gommoso. Invano cerchiamo alveolatura e struttura: la pesantezza dell’impasto ci sazia immediatamente, e non riusciamo a finire la pizza. Gli ingredienti, presi uno per uno, sono più che discreti. Purtroppo, però, nel loro insieme, tra il pomodoro troppo scondito e abbondante, il fiordilatte non così generoso quanto il grana cui si mischia indissolubilmente e le poche foglioline di basilico messe solo in cottura, le nostre papille gustative restano tutt’altro che estasiate. Pagato il conto (6€), ce ne andiamo un po’ appesantiti e un po’ tristi.
Quei Due Pizzeria e Cucina
A pochi passi dalla Darsena, siamo entrati in questo grazioso e pittoresco localino che offre pizza napoletana e piatti tradizionali. Com’è andata con la nostra Margherita (7€)? Senza dilungarci, ecco la situazione. Il vero punto di forza sono gli ingredienti: saporitissimo pomodoro, ricco e corposo, ben mescolato con un fiordilatte di buona qualità. Cosa non ci è piaciuto, invece? Anzitutto l’impasto, molto denso – anche se non troppo difficile da digerire – poco alveolato e dal sapore di pane più che di pizza. Non da meno la cottura: cornicione sì morbido, ma leggermente croccante in superficie e un fondo addirittura croccantissimo, da far grande fatica a tagliarsi con il coltello. Cos’altro? La forma: conta la sostanza, sì, ma una stesura disomogenea, un disco irregolare e ingredienti disposti un po’ “così” non sono un buon biglietto da visita. In ultimo, non possiamo tralasciare il fatto di aver pagato ben 4€ di coperto per un servizio sicuramente molto cordiale al benvenuto, ma che ci ha poi totalmente trascurati per un abbondante quarto d’ora (a locale ancora vuoto!) prima dell’ordinazione. Inaccettabile.
Donna Sophia dal 1931
La Margherita (la Sophia, in menù, 8€) ci è parsa subito molto classica, curata nell’aspetto e nella
stesura, con un cornicione regolare. Assaggiandola spicca il sapore intenso del generoso
fiordilatte, tagliato spesso e ben mescolato al grana. Il pomodoro, invece, ci è parso ben più timido, così
come l’olio, assai delicato e messo – sembra – solo in cottura. Il basilico, dal canto proprio, non particolarmente
abbondante, non contribuisce a rafforzare gli aromi. Il sapore dell’impasto è tradizionale, dalla consistenza abbastanza densa, tenace e salato oltre le aspettative, non molto alveolato, ma adeguatamente maturato e di non difficile digestione. A livello di cottura, invece, crediamo che ci possano essere buoni margini di miglioramento: la nostra pizza è forse stata tenuta in forno quel tanto in più che ha portato ad abbronzare un po’ troppo cornicione e fiordilatte, nonché a seccare superficialmente l’impasto. Non male, in ogni caso.
Dirty Gym
Quella di Dirty Gym è una pizza dal diametro ridotto, con un impasto di matrice partenopea (o in alternativa realizzato con un mix di farine), dall’aspetto “focaccioso” – ma non troppo, farcito in modo ricercato, con abbinamenti inediti e, ovviamente, con prodotti biologici, selezionati, eccellenti, di alta qualità, di nicchia e appellativi simili. Insomma, tutto per gente di un certo livello. Per gli amanti del classico, cioè per chi vuole mangiarsi una pizza e basta (non era questo che si faceva in pizzeria qualche anno fa?), non manca la Margherita vera e propria, che può essere “rinforzata” con qualche ingrediente extra come acciughe, capperi, olive o bufala; optiamo ovviamente per la classica senza aggiunte (fiordilatte, pomodoro San Marzano, olio e basilico fresco: 8€). Arriva la pizza. Già preparati all’esperienza gourmet, non posiamo che pensare: “bella, molto più classica di quanto ci si sarebbe aspettato”! Assaggiandola, tuttavia, si nota subito una tendenza diversa. L’impasto molto saporito, a tutti gli effetti “non sa di pizza”; è molto denso, dalla consistenza “panosa”, con un alto cornicione, lievemente croccante all’esterno, ma nel complesso elastico e cotto molto bene. La farcitura, a conti fatti, non ci dispiace: fiordilatte dall’ottima consistenza, anche se totalmente insapore, pomodoro San Marzano molto bilanciato e piacevole nonostante la generosissima quantità, olio a crudo eccessivamente abbondante ma delicato, basilico fresco bello e aromatico. Paghiamo e usciamo dal locale abbastanza contenti ed è questo, alla fine, ciò che conta. Dalle oramai molte pizzerie milanesi più o meno gourmet, più o meno partenopee, dal nome più o meno conosciuto, spesso capita di allontanarsi con l’amaro in bocca per le aspettative deluse o per le potenzialità non ben sfruttate. In questo panorama ben venga Dirty Gym che va al sodo e riesce a soddisfare i fan della pizza senza prendere in giro nessuno.
Il Pomodorino (Alzaia Naviglio Pavese)
La pizza è molto bella, con qualche difetto, certo, ma nettamente un altro pianeta rispetto alle “colleghe” che abbiamo visto sinora. Certo, l’esperienza non è stata tutta rose e fiori: all’inizio, mentre mangiavo, ho avvertito uno strano sapore di acciuga. Che poi è fortunatamente andato via. C’era anche un bel buchino al centro della pizza, errore grossolano che non ci capitava davvero da tempo. E incastrato tra questo buchino e un pezzetto di fiordilatte ci ho trovato un capello. Cose evitabili, sicuramente da rimarcare, ma che non possono inficiare la qualità di una pizza che è comunque decisamente alta rispetto alla “categoria”. La pizza è molto napoletana, senza fronzoli, come ai vecchi tempi. C’è un ragionamento, dietro questa pizza, e in parte ci piace. Il pomodoro, ad esempio, è frantumato a mano, e il fiordilatte è molto saporito. Senza dubbio il miglior Pomodorino di Milano, e anche una delle migliori pizzerie dei Navigli. Promossa, ma dobbiamo tornarci per verificare la continuità.
I Capatosta
Questa pizzeria è tra le più famose napoletane di Milano ed è senz’altro un porto sicuro per chi passeggia sul Naviglio Grande. Apprezzata da uno zoccolo duro di clienti, è di sera quasi sempre piena, ma non c’è più la fila in attesa di un tavolo come ai bei tempi. La Margherita è saporita, certo non proprio bella a vedersi, ma non dispiace. Il pomodoro è molto saporito ma il fiordilatte è troppo raggrumato. La cottura è vivace, l’impasto è buono, anche se sul bordo c’era della farina. La pizza si digerisce tranquillamente. Visti i prezzi (ancora) bassi, è sicuramente buona per una pausa pranzo veloce.