La Taverna, Milano
C’è una cosa che vorrei chiarire. Non è un cornicione alto e gonfio che fa di una pizza Margherita una vera napoletana. L’affezionato pubblico che affolla ogni sera il marciapiede della Taverna in attesa di un tavolo è forse ormai preda della suggestione dell’ambiente: Totò che mangia gli spaghetti, Peppino De Filippo, Troisi e il solito panorama con pino marittimo. Un discutibile finto piano di lavoro con basilico, pomodori e un vulcano di farina – tutto in cartapesta coloratissima – funge da parapetto alle scale che portano in basso. Insomma, il solito tocco di alchimia folkloristica che trasforma ogni contesto in una Napoli da esportazione. La tipicità, però, si ferma qui: se questa è una pizza napoletana, il sottoscritto è un amministratore comunale di Rovigo. Il coltello affonda in un enorme cornicione croccante e cotto a puntino. Sollevata dal piatto, la prima fetta si mantiene tutta dritta vincendo la forza di gravità. Il pomodoro è talmente dolciastro che il primo boccone evoca una crostata di pasta brisée. Al secondo boccone, il fiordilatte è già un fossile. La recensione può finire qui, ma una nota positiva va all’impasto: pur essendo sin troppo fragrante, è leggero e digeribile.
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4.5/10
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5.5/10
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4/10
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5/10