Dry Cocktails & Pizza è tutto fuorché una pizzeria.
Per un napoletano, l’estetica di una pizzeria è quanto di più stereotipato esista: pomodori del piennolo appesi alle pareti, tavoli di marmo serrati da scomode sedie di legno, bicchieri di plastica da cui trangugiare la Peroni Gran Riserva e, dulcis in fundo, il sudato pizzaiolo che bestemmia i santi. La pizzeria napoletana è, senza saperlo, il luogo hipster per eccellenza da oltre un secolo, un coacervo di verità, stili di vita, dialetti e maestranze che a Milano farebbe impazzire i milanesi, tant’è che i sedicenti impresari della ristorazione, in questi ultimi anni, hanno provato a replicarla a suon di cartapesta, addobbi kitsch e finto legno, poster di Totò e Peppino, gagliardetti di San Gennaro e improbabili piogge di corni napoletani, nel disperato tentativo di soddisfare la fame di folklore dei clienti.
Dry sfugge alle consuetudini e punta in alto. Il suo concept di pizzeria è radicale: la pizzeria stessa sparisce e viene inglobata nell’essenziale (dry: asciutto) eleganza di un cocktail bar giovane e contemporaneo.
Le luci sono talmente soffuse che non riesci a vedere quello che mangi: l’ho scoperto il giorno dopo grazie a Photoshop.
Siamo al tavolo con Nanni Grande, uno dei più brillanti pizzaioli della nouvelle vague partenopea. La sua pizza è bruciata, e la rimandiamo indietro. La mia Margherita, invece, ha un aspetto un po’ trascurato, con una foglia di basilico crudo che sembra caduta lì per sbaglio. Un po’ triste. Guardo i lati: stanno ammiccando il gusto degli irriducibili amanti delle bruciacchiature.
L’impasto è notevole, con un cornicione morbidissimo e alveolato. Davvero incredibile. Il sapore è ottimo. Fiordilatte eccellente, filante e non grumoso. Al pomodoro avrei aggiunto una nota di zucchero.
Una pizza napoletana di grande dignità e con straordinari margini di miglioramento, ma siamo già su livelli molto alti per gli standard milanesi.
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6.5/10
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8/10
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8.5/10
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7/10
4 commenti
Sono d’accordo con te. E’ grazie a Dry che, da napoletano fuori sede a milano da un pò di anni ormai 🙁 , ho cominciato a rimangiare pizza a Milano.
L’impasto è veramente buono e se pensi venga dalle mani di un veneto, diventa ancora più buono.
Onor del merito è grazie alle sue pizze che anche io ho cominciato a mettere l’olio sulla pizza dopo la cottura.
Devo ancora provare le new entry milanesi, ma Dry rimane un pinto fisso, anche se ormai mi sono attrezzato per farla in casa la napoletana.
Piccolo appunto alla tua recensione il nome Dry, essendo un cocktail bar, fa riferimento ai liquori più che all’arredo 😉
Io non sono necessariamente d’accordo con l’olio sulla pizza dopo la cottura. A meno che l’olio non sia di grandissima qualità. È soltanto una questione di sensibilità gastronomica, lo chef può volerlo fare, e va bene così, ma non è una ragione tecnica.
Sicuramente il nome “Dry” fa riferimento ai liquori, ma la mia è una libera (doppia) interpretazione 🙂 Grazie per il commento, a presto.
Ho da sempre voluto provare la pizza di Dry ma girano voci che sia davvero minuscola e carissima!! è davvero così?
ciao Arianna! È un po’ cara, ma in linea con le altre pizzerie “gourmet” di Milano. Minuscola non direi, sicuramente non è enorme come quella di Sorbillo. Forse chi te l’ha raccontato è capitato in una serata un po’ sfortunata… Vai e fammi sapere, io vorrei tornarci a dire la verità, perché manco da un annetto ormai… 🙂
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