Impariamo sempre qualcosa quando parliamo con chi fa di questa vita un’arte. E viceversa.
Il destino del franchising dei Fratelli La Bufala, da qualche anno, è tutto nelle mani di Alfredo Caretti. Una vita nella ristorazione – proprietario dello storico ristorante D’Angelo a Napoli – Alfredo è – con il pizzaiolo Alberto Buonocore – tra i principali artefici della rinascita del marchio.
La sua opera di “recupero” non si è fermata a Cinisello Balsamo: Largo Corsia dei Servi, via Cimarosa e, da febbraio, questo enorme locale che affaccia su via Sempione hanno cambiato faccia e stanno proponendo ai clienti – finalmente – una pizza napoletana di qualità.
“La serenità è la chiave della rinascita di Fratelli La Bufala”, esordisce Alfredo. “Chi lavora con noi è consapevole che oggi cresciamo e guardiamo al futuro come un’unica famiglia. È da febbraio che abbiamo preso in gestione questa pizzeria in Sempione puntando al servizio e alle materie prime. E la prova che siamo sulla strada giusta è che finalmente a Milano si inizia a parlare del cambiamento dei Fratelli La Bufala”.
“Cosa devo aspettarmi da questa pizza?“, chiedo, mentre taglio la prima fetta della Margherita che ho davanti a me. Un colpo d’occhio decisamente sopra la norma, la pizza è davvero bella. Colorata, festosa, sprigiona passione e solletica l’appetito. Ha una forma strana, che ne sottolinea l’artigianalità.
“La pizza non è più come una volta”, dice Alfredo. “Oggi i clienti vogliono una pizza digeribile, leggera. Nessuno vuole tornare a casa appesantito. Si esce per cenare con gli amici, vogliamo far loro mangiare una frittura, una pizza e un dolce, senza che stiano a digerire tre ore. Stiamo usando da qualche settimana un fiordilatte misto bufala (al 15%, ndr) del caseificio Podere dei Leoni, nel Salernitano, che ci dà una resa sulla pizza fantastica”.
Alberto ha appena finito di lavorare al forno. Sorride, affida le sue mani ad uno strofinaccio e completa il racconto sulla pizza con qualche dato tecnico.
“Lavoriamo con la doppia lievitazione, da 24 a 30 ore complessive. La sera facciamo crescere a massa l’impasto, poi il giorno dopo stagliamo i panetti (260g, ndr) e li lasciamo lievitare ancora un po’. La stesura è il momento più importante: lo schiaffo, tipico della lavorazione tradizionale, secondo noi non si addice più a questo tipo di pizza. Bastano pochi tocchi per spostare l’aria dal centro al cornicione. L’impasto va coccolato”.
Mentre Alberto parla sento forte e chiaro il profumo di basilico. Il fiordilatte misto bufala esalta le caratteristiche sensoriali della mozzarella senza allagare la superficie. Alla masticazione è saporito e denso.
“Ho iniziato con mio zio Carlo, pizzaiolo, nel 1988”, continua Alberto. “Già a 7 anni ero affascinato da questo mestiere, e andavo con lui ogni sera da Pizza & Contorni, al Vomero. Col passare del tempo ho studiato alimentazione, mi interessava l’evoluzione della pizza, il percorso che l’ha portata a essere, dalla metà degli anni ’90, esperienza tipicamente serale a pasto consumato anche a pranzo durante le pause di lavoro. È stato un periodo in cui ho avuto la fortuna di avere ottimi maestri, tra cui il grande Carlo Magno, tra i più anziani della storica famiglia di pizzaiuoli napoletani”.
L’impasto della pizza è notevole, con una nota salata che avevo già notato in via Cimarosa. Ma io mangio insipido, quindi non faccio testo. Il pomodoro, con una sensazione appena appena dolciastra, ne bilancia bene il gusto.
Alberto – Albertone per gli amici – ha fatto centro di nuovo.
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