Dove mangiare una pizza a Napoli fuori dai soliti schemi? In città, quando si parla di pizza, sembra che i nomi siano sempre gli stessi. Sorbillo, Starita, Michele, Di Matteo, Il Presidente. Un anno fa, inaspettatamente, la parola “Cinquantacalò” (50 Kalò, ndr) si è aggiunta al vocabolario delle proposte del sabato sera e ormai ogni buon napoletano la pronuncia almeno una volta a settimana, con o senza accento finale. Ma il bello di questa città è che dietro l’angolo – o un po’ più lontano – ti capita quel forno che non avevi ancora visto, la pizzeria di quartiere, o quella meno affollata di tutte. E allora entri e scopri che i nomi possono essere di più. In questo primaverile ponte dell’Immacolata ne ho provate tre.
Pizzeria ‘O Gemell
Nessuno ne parla, fatta eccezione per l’imbattibile Luciano Pignataro e per il blog di Giustino Catalano (su cui – lo sapevate? – ho una rubrica settimanale, la pizza della domenica). Esortato proprio da Giustino e dall’amico Rocco Andrisani mi sono spinto fino a Casalnuovo di Napoli, cinquantamila anime ad una mezz’ora scarsa di Asse Mediano.«Vai a provare quella pizza» – mi ha detto – «l’impasto è fatto a mano!».
La pizza Margherita di Luigi Castaldo, pizzaiolo proveniente dal pane, ha un aspetto un po’ anemico. Per carità, ne ho viste di peggio, ma se non mi metti il basilico, caro ‘O Gemell, io ci rimango male. Per fortuna il cornicione è vivace, frastagliato, aggressivo. Una fantastica scogliera a picco sul mare (di pomodoro). Lo tocco con un dito, sembra respirare. È morbido, leggero, fragrante. Sotto i denti è puro spettacolo: sembra non masticare nulla. Il primo boccone si scioglie in un attimo, sotto l’azione demolitrice della saliva. Il resto è pura accademia: il fiordilatte è buono, il pomodoro anche. Si avverte una nota molto pronunciata di formaggio grattuggiato. L’olio è disseminato a spruzzo sulla superficie, cosa che non sopporto. E la cottura poteva essere un attimo più attenta: chiazze di bruciato un po’ amarognolo sotto la base. Una pizza sopra la media, ma ampiamente migliorabile. Per i fanatici della digeribilità.
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Ristorante Pizzeria Ciarly
Qui non c’era arrivato nessuno, solo Vincenzo Pagano di Scatti di Gusto. Che già ad agosto metteva nero su bianco i miracoli di Raf Bonetta, 33 anni, giovane pizzaiolo che – a giudicare dalle foto su Instagram – sta onorando, a grandi sbuffate d’aria, la grande “tradizione” del canotto napoletano (ormai possiamo chiamarla così, no?). Dico a giudicare dalle foto su Instagram perché Bonetta non c’è la sera in cui vado e la pizza Margherita che mi servono ha un aspetto sicuramente diverso da quanto avevo ammirato in giornate di dedizione su Internet.
Una fogliolina di basilico piccola quanto un’unghia annega in un mare di fiordilatte. Il cornicione è morbido, anche se non vedo tutte queste caverne. In generale, la pizza ha un sapore equilibrato, per lunghi tratti anche molto gustoso, complice il pomodoro buonissimo. Ma la cottura lascia a desiderare, con qualche centimetro di impasto un po’ crudo qua e là. Da rivedere.
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Pizzeria Gourmet di Giuseppe Vesi
Dal centro storico alla vista mare. Un passaggio già voluto da Gino Sorbillo, con la sua bella pizzeria in cui è quasi impossibile entrare. A Napoli, Vesi è uno dei nomi della tradizione di via dei Tribunali. Ora è l’alfiere della pizza di un certo livello, quella con farina di tipo 1 e materie prime frutto di grande ricerca sul territorio. Alessandro Borghese, premiando Giuseppe Vesi, ha detto che è “il pizzaiolo del futuro”.
Il locale è delizioso e i dettagli sono estremamente curati, senza fronzoli. Il menu è un tripudio di storytelling, forse eccessivo. Non posso stare venti minuti a leggere tutta la storia: voglio arrivare subito al finale. E il finale è una pizza Margherita di grande qualità, con un impasto che forse si lascia masticare un po’ troppo. Ma i napoletani mostrano di aver superato la diffidenza verso le “cazzate” (come le chiamano) e, a giudicare della fila e del continuo ricambio di coperti, sembra siano caduti ormai sotto i colpi della seduzione gourmet. Una pizza che si mette sullo stomaco non piace più a nessuno, quindi le suggestioni “integrali” ben vengano.
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